Molti bimbi, specialmente tra i 4 e i 5 anni, faticano a separarsi dai genitori, manifestando paura e insicurezza. Scopri cosa significa questa fase, perché è normale, e quali piccoli gesti aiutano a rassicurarli e renderli più autonomi.
Dott.ssa Nicoletta Vasta
Principalmente con l’inserimento a scuola, fino ai 4-5 anni, i bambini hanno difficoltà a separarsi dai propri genitori e lo dimostrano nel modo più semplice che hanno a loro disposizione e con cui riescono meglio a mostrare le loro emozioni: piangono, si arrabbiano e protestano. Questa reazione (che può sembrare eccessiva), è un particolare tipo di ansia, detta ansia da separazione, che si sperimenta quando ci si allontana da qualcosa o qualcuno che rappresenta una fonte di sicurezza.
Ma perché succede?
Il bambino, fino al primo anno di vita, sviluppa quello che Piaget chiama “permanenza dell’oggetto”, ovvero la capacità di riconoscere che oggetti e persone continuano ad esistere anche se scompaiono alla vista. Inizialmente non sarà semplice, ecco perché mettono in atto comportamenti protettivi, come il pianto o il seguire ovunque mamma e papà. Ma poi, durante questa fase evolutiva accade qualcosa di magico, il bambino inizia ad interagire con l’ambiente che lo circonda, esplorando e curiosando. Quando l’oggetto non è più nel suo campo visivo, il bambino inizia a seguirlo e cercarlo, fin quando non riuscirà addirittura ad immaginarlo.
In questa fase fondamentale dello sviluppo, inoltre, il bambino è un tutt’uno con l’adulto, ed è proprio in questa fase di esplorazione e conoscenza del mondo che si sviluppa un legame emotivo ed affettivo con il suo caregiver (legame detto di attaccamento), che gli trasmette senso di cura, sicurezza, amore e soprattutto protezione. Quando questa figura si allontana, specialmente nei primi processi di separazione, il bambino vive una vera e propria paura di essere abbandonato. Ne sono un esempio l’entrata all’asilo nido o alla scuola materna, la nascita di un fratellino, la nuova cameretta in cui si dormirà da soli etc…
Quindi, quando il bambino sperimenta una situazione a lui sconosciuta o diversa dalla sua quotidianità (per esempio appena arrivate di fronte l’ingresso dell’asilo o quando lo accompagnate nel suo lettino), inizierà a piangere, ma non bisogna preoccuparsi! Se il pianto è facilmente consolabile e il bambino protesta perché non vuole lasciare i suoi genitori, è sintomo di un legame affettivo profondo e stabile.
Nonostante loro abbiamo imparato a riconoscere il fatto che la mamma, anche se non c’è non significa che è sparita per sempre, proveranno lo stesso un senso di abbandono.
Cosa possiamo fare?
La separazione dall’oggetto è un processo volto all’autonomia. I bambini impareranno a mangiare da soli, inizieranno la scuola, dormiranno da soli nel loro lettino. Tutti questi processi necessitano di una giusta attenzione da parte dei genitori, che devono accompagnarli nel percorso di crescita, mostrandosi contenitori della loro emotività nonché basi sicure dalle quali possono sempre tornare.
È importante ricordarsi, inoltre, che il bambino si rispecchia nello sguardo dei suoi genitori. Se piange perché non vuole essere lasciato e sperimenta uno sguardo triste e preoccupato di mamma e papà, non riuscirà a capire che in realtà non si trova in una situazione di pericolo, ma al contrario penserà che ciò è preoccupante per voi.
Ciò che bisogna fare è accogliere e riconoscere le loro reazioni, rassicurandoli e consolandoli. Non bisogna sentirsi in colpa o pensare di essere dei cattivi genitori.
Esempi pratici
Quando il bambino è piccolo, in fase di esplorazione, ciò che si può fare per farlo sentire sicuro è per esempio giocare a cucù, nascondendosi dietro una tenda o anche semplicemente dietro le mani, per poi riapparire sorridenti. Oppure, quando si va in un’altra stanza, potrebbe essere importante comunicarlo al piccolo, dicendogli che la mamma/papà torna subito. Cercare di rassicurarlo sempre, per non farlo sentire solo.
Per l’inserimento alla scuola materna, invece, potrebbe essere utile prendersi un po’ di tempo per spiegargli cosa sta per succedere, riconoscendo la sua preoccupazione e dando un nome alla sua tristezza, ma soprattutto ricordandogli sempre che poi tornerete ad abbracciarvi e a stare insieme.
Non serve scappare o nascondersi senza farsi vedere appena è un attimo distratto, questo gesto potrebbe essere un ulteriore trauma e potrebbe essere percepito come un tradimento. Salutate sempre il vostro bambino e rassicuratelo dicendogli che tornerete a prenderlo (Promesso!).
Accompagnatelo a scuola tenendolo per mano e durante il tragitto iniziate a parlare di cosa farete dopo quella divertentissima giornata di scuola!
Quando invece notate che il pianto del vostro bambino è inconsolabile, che non riesce a tranquillizzarsi e manifesta sintomi somatici che vi preoccupano e per cui sentite di aver bisogno di aiuto, potete rivolgervi a un professionista che saprà aiutarvi.
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