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Mi sento il figlio meno amato

  • CCPT
  • 11 apr
  • Tempo di lettura: 4 min

Cosa determina il diverso comportamento che il genitore agisce verso ognuno dei suoi figli?

Dott.ssa Imma D'Alessandro



Tempo di lettura: 10 minuti


Accade spesso che le persone lamentino e soffrano del diverso tipo di relazione, intimità e comportamenti che i loro fratelli o sorelle hanno con i genitori e viceversa.

Questo è spesso fonte di dolore, il paragone può provocare sentimenti di esclusione, la sensazione di non essere davvero apprezzato dal genitore o di non sentirsi “il preferito”.

Accade altrettanto spesso, però, che le stesse persone, in occasione di un dialogo autentico con il proprio fratello o sorella scoprano che l’esperienza e l’idea che l’Altro ha dello stesso genitore sia simile ma abbia prodotto effetti diversi.

Com’è possibile che mio fratello abbia reagito in modo così differente dal mio agli stessi comportamenti disfunzionali, alle stesse limitatezze maturative, alla stessa povertà emotiva che ho vissuto io?


Disclaimer: da adesso in poi userò la parola “fratello” per indicare sia i fratelli che le sorelle


L’esperienza che ogni figlio fa dei genitori è influenzata da molteplici fattori. Ad esempio, è molto importante l’ordine di genitura, ovvero essere il primogenito, il secondo, il più piccolo…

Incappo spesso sui social in video ironici in cui la stessa persona mette in scena la diversa reazione attesa dal genitore allo stesso comportamento, a seconda del figlio da cui viene messa in atto. Solitamente, le rappresentazioni sono sempre le stesse: il primo figlio è quello da cui ci si aspetta maggiore responsabilità e su cui si proiettano maggiormente le aspettative, che sia autonomo, coscienzioso, quasi un sostituto genitoriale nei confronti del fratello minore; l’ultimo figlio è quello a cui vengono rivolte cure maggiori, più amorevoli, atteggiamenti dolci e protettivi e solitamente viene giustificato in ogni suo errore; il figlio di mezzo, solitamente, viene descritto come quello “non visto”, ignorato, come se non avesse un ruolo e quindi non esistesse nella mente dei genitori.


Al di là dell’ironia possibile sulla questione, vedersi negato il diritto di essere figlio o sentire maggiori aspettative perché si è nati per primi, oppure non pensare di avere uno spazio definito in famiglia e, quindi, di non ricevere lo sguardo del genitore può provocare forte disagio nella persona, che avrà poi un impatto sul modo in cui si relaziona all’esterno della famiglia.


Ma com’è possibile che un genitore severo e irremovibile si trasformi in permissivo e docile con un altro figlio?

Perché ogni fratello fa esperienza di una famiglia che sembra così diversa?


Ci sono molte variabili da tenere in considerazione quando osserviamo la relazione genitore-figlio.

Ad esempio, i genitori sono influenzati dal genere di appartenenza del figlio: le regole, le paure per i pericoli del mondo esterno, le aspettative dipendono culturalmente dall’idea di “maschio” e “femmina”. Succede spesso che venga chiesta maggiore collaborazione domestica alle figlie, mentre ci si aspetta che i figli maturino più lentamente delle loro sorelle; oppure, si hanno timori differenti per figli maschi e femmine, quando raggiungono l’età giusta per uscire da soli; ancora, ci si aspetta che le figlie siano “naturalmente” più studiose dei propri fratelli, per cui la reazione al successo scolastico è differente. E non ho ancora citato le credenze sulla sessualità…

Genitori che incitano nei figli maschi l’espressione del desiderio sessuale attraverso commenti sul corpo di donne piacevoli (ignorando la possibilità che il figlio abbia un orientamento omosessuale), mentre vietano alle sorelle di esprimere curiosità sui temi della sessualità o un interesse - addirittura - esplicito!


Un’altra variabile essenziale è la diversa fase di vita in cui si trovano i genitori al momento della gravidanza o della prima infanzia dei figli. Lutti, crisi di coppia, problemi economici, presenza o assenza di supporto nella gestione parentale, un periodo lavorativamente pregnante per la propria carriera oppure incerto mettono i genitori, che sono prima di tutto pur sempre degli adulti pieni di responsabilità, in una condizione emotiva differente. Questa comporta una variabile disponibilità nell’accogliere le richieste della prole, capacità di sintonizzarsi sugli altrui bisogni oppure anche solo del tempo da trascorrere in compagnia del piccolo.

Inoltre, anche i genitori (pare incredibile!) possono avere la spinta al cambiamento e al miglioramento in concomitanza con la maturazione personale e, quindi, interessarsi alle buone pratiche di genitorialità, iscriversi a corsi, chiedere aiuto e confrontarsi con altri adulti che riconoscono come genitori efficaci. A volte, l’aumento di consapevolezza fa nascere nel genitore sensi di colpa per gli errori commessi in passato e, quindi, rendere più benevolo il suo comportamento verso chi ne ha pagato le conseguenze, come in un tentativo di compensazione o in una silenziosa richiesta di perdono.


Potrebbe anche accadere che i figli minori, osservando ciò che accade tra i fratelli più grandi e i genitori, possano selezionare i comportamenti che portano ad un risultato migliore o trovare una strategia diversa se quella portata avanti dai maggiori non risulta efficace.


E se i nostri genitori riuscissero per miracolo ad essere uguali con tutti i figli? Ad entrare in gioco qui sarebbe la variabilità individuale: l’interpretazione dei comportamenti dell’Altro dipende dall’effetto che sentiamo su di noi. I fratelli non hanno la stessa risposta emotiva alle stimolazioni esterne: questi si differenziano per capacità di autoregolazione delle emozioni, tolleranza al dispiacere, necessità di vicinanza fisica…


In sintesi, a meno che non ci siano significati maladattivi che un genitore ha attribuito al rapporto con uno specifico figlio, le differenze di comportamento che vediamo nell’educazione e nel rapporto con la prole hanno molteplici spiegazioni e nessuna ha a che fare con l’affetto.

Sebbene gli interessi in comune, le somiglianze, il feeling tra genitori e figli possano portare ad una manifestazione del legame più o meno esplicita, che viene interpretata come “preferenza”, quest’ultimo connette genitore e prole indissolubilmente.


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