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Proteggere l’autostima nella foresta del dating

CCPT

Aggiornamento: 10 ott 2024

Situationship, orbiting, ghosting, love bombing, benching sono parole che leggiamo spesso sui social o abbiamo sentito nei racconti degli amici. Definire la relazione con l’Altr* è diventato sempre più complicato, assumendo sempre più sfumature, non tutte piacevoli.

Dott.ssa Imma D'Alessandro




Come psicologa potrei definirmi una professionista delle emozioni, ma quando una mia paziente mi ha detto di soffrire di “anuptafobia” mi ha decisamente colta impreparata.


Parte del mio mestiere è aiutare le persone a dare un nome alle cose che sentono. Quando tiro fuori dal cappello il termine giusto, l’etichetta diagnostica o semplicemente nomino un’emozione, la persona di fronte a me - il più delle volte - distende il volto, allarga gli occhi, dischiude leggermente la bocca. 

La parola diventa “magica” e il solo nominarla mette a posto i pezzi, dà un senso alle cose.

Capita, a volte, che non sia necessario che io mi sforzi per trovarla, perché la persona di fronte a me arriva già con il mistero risolto. 

Questa è stata la scena che si è svolta quando ho sentito per la prima volta la parola “anuptafobia”: dal dizionario, “il termine viene utilizzato per descrivere la paura persistente e irrazionale di rimanere single e di non avere relazioni di coppia”.


Tralasciando quanto sia facile attribuirci - erroneamente - fobie quando qualcosa ci fa provare disagio e senza scomodare paroloni altisonanti che si fa pure fatica a spiegare agli amici durante l’aperitivo, chi di non conosce qualcun* che teme di non riuscire a trovare un partner, che accumula brevi frequentazioni, deludenti primi appuntamenti e ha sempre una storia interessante da raccontare sul suo ultimo date? Ma perchè è diventato così frequente sentirsi delusi dalle relazioni, perdere speranza nelle proprie risorse e capacità di attrarre l’Altr*, avere la percezione che non si incontrerà mai qualcuno di speciale?


Nuovo glossario relazionale


Ultimamente proliferano i contenuti (social, editoriali e cinematografici) su quanto sia diventato complicato capire in che tipo di relazione siamo con la persona che stiamo frequentando.

Ad esempio, quella che per qualcuno potrebbe essere una tradizionale conoscenza, volta alla costruzione di una relazione stabile, potrebbe scontrarsi con il desiderio dell’Altr* di rimanere in una situationship: passare del tempo insieme, avere una routine, un’intimità sessuale, provare dei sentimenti l’un* per l’altr* ma non definire la relazione, rimanendo in un non-legame in cui non c’è una progettualità condivisa né l'accesso agli ambiti più privati della persona come il gruppo di amici o la famiglia.


Altre volte, invece, sembra di aver incontrato una persona speciale e star vivendo un corteggiamento da manuale: regali, complimenti, una presenza puntuale e frequente, sorprese e attenzioni magari plateali ed eclatanti, precoci dichiarazioni di forte coinvolgimento e fantasie di progetti futuri; chi riceve tutto questo si sente messo al centro, su un piedistallo, quasi venerato, probabilmente amato (love bombing). Accade però, improvvisamente e senza alcun motivo apparente, che all’improvviso tutto questo venga negato: chi prima sembrava pendere dalle labbra dell’Altr* diventa distanziante, distratto, assente, svalutante, rifiutante. In questa fase ci si sente confusi, si tenta di riconquistare le lusinghe del partner, elemosinando anche solo le briciole di quelle emozioni travolgenti (breadcrumbing), si tende a cercare la causa di questo allontanamento, che spesso verrà negato, fino ad arrivare a dubitare di Sé, credere di esserne la causa o di non avere una corretta percezione delle cose (gaslighting). Infine, la persona può subire ghosting, ovvero l’interruzione senza preavviso né motivazione di qualsiasi contatto con l’Altr*.


Qualcuno, invece, può avere la sensazione di star facendo “la riserva”: messaggi a tarda notte nel weekend, appuntamenti annullati all’ultimo minuto, periodi di intensa frequentazione alternati ad altri di distanza e indifferenza. Chi si trova in un tipo di interazione simile sta subendo il “benching”, letteralmente “fare la panchina”.


Come non menzionare, infine, l’orbiting: un comportamento ambiguo da parte di una persona con cui si ha o si aveva una qualche forma di relazione. Questo comportamento si manifesta attraverso una graduale scomparsa dalla vita dell’Altr*, ad eccezione di quella virtuale. La persona che fa orbiting continua a “gravitare” nell’orbita dei contatti social, segnalando la sua presenza con like, commenti o reaction ai contenuti pubblicati sui social. Questo comportamento è caratterizzato dall’ambiguità e dalla mancanza di chiarezza comunicativa: la stessa persona che sta apprezzando la foto appena pubblicata da qualcuno può, infatti, ignorarne i messaggi diretti o evitare l’interazione dal vivo.


L’illusione di controllo delle app di dating


Dall’avvento di Tinder nel 2012 le modalità di interazione con l’Altr* e la ricerca di un partner sono notevolmente cambiati, arrivando al proliferare di decine e decine di app di dating tarate per orientamento sessuale, etnia, tipo di relazione ricercata, appartenenza religiosa, preferenze sessuali, etc. Il successo di questa modalità di primo approccio con l’Altr* è dovuto a degli aspetti che sembrano protettivi e rassicuranti per le persone, ad esempio la comodità di poter conoscere qualcun* di nuovo rimanendo sul proprio divano, la percezione di controllo sulle persone con cui si intende iniziare e continuare una conversazione, l’impersonalità di un profilo con qualche foto e poche righe di descrizione, che permette di "scaricare" qualcun* senza troppe conseguenze o sensi di colpa. Il funzionamento di queste app si poggia, inoltre, sul nostro circuito della ricompensa: basta un semplice gesto, il minimo dello sforzo, per poter ricevere gratificazione e conferma della propria desiderabilità, rappresentata da scritte come “It’s a match!”, il tutto rimanendo a debita distanza da un’interazione reale, decisamente meno controllabile e spaventosamente più coinvolgente. Così le persone si confrontano con il grande inganno delle app di dating: sembra esserci così tanta scelta, un pozzo senza fondo di possibili promettenti partner, a volte anche troppo numerosi per gestirne anche solo i messaggi. Tradurre, però, le corrispondenze in conoscenze reali dà spesso dei risultati così scarsi e deludenti da aumentare la convinzione che sia impossibile conoscere la persona giusta.

Spesso le nuove conoscenze bruciano nel giro di pochi messaggi, non trasformandosi mai in incontri reali; altre volte, le persone che riescono ad avere un appuntamento non faranno in tempo a vedersi per un secondo appuntamento che saranno già impegnate a iniziare delle nuove conversazioni. In questa modalità, spesso, le persone sentono minata la propria autostima, cominciando a chiedersi cosa ci sia che non va in loro, perché non riescono ad incuriosire o attrarre qualcun*, sentendosi poco riconosciuti o, addirittura, svalutati. La sensazione di sentirsi “scartati”, “non scelti”, “non abbastanza” aumenta la sfiducia in Sé e nella propria capacità di essere gradevoli e trovare un partner.


Il bisogno di contatto


Pare, però, che le persone stiano sperimentando una sorta di sfiducia e stanchezza per gli incontri online, tanto che stanno spopolando in tutto il mondo le applicazioni e gli eventi di Slow Dating. In contrasto con la rapidità e l'intercambiabilità delle app di incontri più note e longeve, la filosofia dietro lo Slow Dating è “prendersi del tempo”: per conoscere la persona che si ha di fronte, per entrare in contatto con i propri bisogni e quelli dell’Altr*. 

Sempre più locali pubblici stanno, inoltre, proponendo eventi di socializzazione a cui presentarsi da soli per incontrare persone dal vivo, aprendosi a nuove amicizie, possibili flirt o, semplicemente, ad una serata in compagnia.


Nonostante stiamo disperatamente provando a rendere controllabili e rassicuranti le relazioni - mettendo regole, distanze e creando nuove etichette per dare un senso a quel che ci accade e che proviamo di conseguenza - sembra importante tenere a mente che le interazioni si costruiscono tra persone, che per definizione sono complesse e possono, a volte, sentirsi incerte, confuse o spaventate. I contenitori in cui tentiamo di inserire l’Altr* risultano fallimentari, non riuscendo a rendere prevedibile e, quindi, più controllabile il comportamento altrui, ma soprattutto non dando un gran conforto a chi è rimasto deluso dalla distruzione delle fantasie e delle aspettative che si è, naturalmente, costruito. 

L’unica reale sicurezza su cui abbiamo la possibilità di contare è l’idea stabile che abbiamo di noi stessi: la nostra desiderabilità, gradevolezza, il nostro valore non possono essere né definiti né messi in crisi da interazioni casuali, randomiche e temporanee.



Suggerimento sul tema: serie tv


Thank you, next”, una breve serie tv (8 episodi in una sola stagione) che ripercorre, tra flashback, prevedibili colpi di scena, arredamento di design e abiti sfavillanti, il periodo post rottura della protagonista: tornata single dopo diversi anni di convivenza - ovviamente con il cuore spezzato - si confronta con le nuove regole del gioco delle frequentazioni.


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